Un battello insabbiato
Un’ascia piantata nella terra
Paradosso
Diniego
Ferisce, ma non gronda. anche il sangue si secca.
Un impedimento dirimente, per l’accusa
Cementa la disuguaglianza tra gli uguali.
Può tuttavia un imputato architettonico discernere i Buoni dai Cattivi?
Il Paradiso dall’Inferno, come recita la retorica del pietismo ipocrita?
Non è un fronte, è resa
Non minaccia né denuncia
Non urla vergogna alcuna
Urta, ma non indigna
Di fatto, dispone il deserto delle Città Invedibili.
Tacita
L’illegalità legale. La legalità illegale.
Quiete che duole, quassù.
Abbatterlo non scalfirà ciò che irreparabilmente spacca dentro.
Lima, dicembre 2022. Un maldestro tentativo di scioglimento del parlamento peruviano determina l’arresto di Pedro Castillo e la sua tempestiva sostituzione. Il rifiuto di indire le elezioni e lo stato di emergenza reiteratamente procrastinato dalla neopresidente, Dina Boluarte, fomenta un’infuocata stagione di proteste: migliaia di feriti e decine di morti sono le vittime dichiarate, dopo soli due mesi.
Contemporaneamente, con una sentenza ‘unanime’, sbandierata dai media come ‘epocale’, il Tribunale costituzionale del Perù ordina l’abbattimento di un tratto del cosiddetto muro de la vergüenza: una breccia invero irrisoria, nella storia di un paese notoriamente razzista e classista, ove prosperano indisturbate disparità e discriminazioni tra le più stridenti al mondo.
Eretto lungo gli aspri profili del monte San Francisco, che domina i quartieri della Lima glamour, il più esteso muro urbano al mondo separa il barrio rico di Las Casuarinas, uno dei quartieri più esclusivi della capitale, dalla barriada di Pamplona Alta, esempio paradigmatico di quel processo spontaneo di urbanizzazione e autocostruzione diffusissimo in Sudamerica e noto agli architetti come vivienda informal.
Tanto le abitazioni extra lusso, sorte oltre il muro, quanto le baracche ‘permanenti’ dei pamploneros sono state edificate prevalentemente su pendici impervie e desertiche, acquistate dal demanio da imprenditori immobiliari o occupate illecitamente da gruppi di immigrati, instradati da traficantes de terrenos, collusi con malavita, Mara Salvatrucha, autorità municipali, politici, e abilissimi a far affari con i poveri.
L’espansione tentacolare apparentemente ‘sregolata’ che ha condotto al collasso urbano riflette un cinico modello di convivenza e connivenza perfezionato da ‘condivise’ procedure adattative di legalizzazione progressiva delle invasiones di cholos, provenienti dalle province rurali interne o dai paesi confinanti, discriminati ma ampiamente sfruttati come manodopera a basso costo.
Una scellerata ‘urbanistica del condono’ e una vacuità pianificatoria che ignora sia il racket delle assegnazioni illecite sia le malsane condizioni di vita nei pueblos jovenes, imposte dalla perdurante assenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Lima è una città divisa, una caotica megalopoli multietnica tra le più pericolose al mondo, ove è principalmente la paura a disegnare il paesaggio urbano: una realtà quotidiana tangibile per tutti, ma addotta a pretesto per disseminare ovunque steccati, barriere, inferriate, fili spinati, telecamere e vigilantes.
Posare lo sguardo sulle sue disjecta membra ci interroga sui destini degli ultimi, sull’incalzante processo di inurbamento considerato inarrestabile sul pianeta.
La città non è che lo specchio della coscienza civile di una società.
A silted-up boat
An axe planted in the earth
Paradox
Denial
It wounds, but does not drip. even blood dries up.
A diriment impediment, for the prosecution
Cements inequality among equals.
However, can an architectural defendant discern the Good from the Bad?
Heaven from Hell, as the rhetoric of hypocritical pietism recites?
It is not a front, it is surrender
It neither threatens nor denounces
It shouts no shame
It irritates, but does not outrage
In fact, it arranges the desert of the uninhabitable cities.
Hush up
Legal illegality. Illegal legality.
Quiet that hurts, up here.
Knocking it down will not scratch what irreparably shatters inside.
Lima, December 2022.
A clumsy attempt to dissolve the Peruvian parliament results in the arrest of Pedro Castillo and his prompt replacement. The refusal to hold elections and the state of emergency repeatedly procrastinated by the new president, Dina Boluarte, fomented a fiery season of protests: thousands of injured and dozens of dead were the declared victims, after only two months.
At the same time, in a 'unanimous' ruling, trumpeted in the media as 'epochal', the Constitutional Court of Peru ordered the demolition of a section of the so-called “muro de la verguenza”: a truly insignificant breach in the history of a notoriously racist and classist country, where some of the world's most strident inequalities and discriminations thrive undisturbed.
Erected along the rugged profile of Mount San Francisco, which dominates the glamorous districts of Lima, the world's longest urban wall separates the barrio rico of Las Casuarinas, one of the capital's most exclusive neighbourhoods, from the barriada of Pamplona Alta, a paradigmatic example of the spontaneous process of urbanisation and self-building that is widespread in South America and known to architects as vivienda informal.
Both the ultra-luxury residences, which have been built beyond the wall, and the 'permanent' shacks of the pamploneros have sprung up mainly on impervious and barren slopes, purchased from the State by real estate developers or illegally occupied by groups of immigrants, routed by traficantes de terrenos, colluding with the underworld, Mara Salvatrucha, municipal authorities, politicians, and very skilled at doing business with the poor.
The seemingly 'unregulated' sprawl that has led to urban collapse reflects a cynical model of coexistence and connivance perfected by 'shared' adaptive procedures of progressive legalisation of the invasiones of cholos, coming from inland rural areas or from neighbouring countries, discriminated against but widely exploited as cheap labour.
A reckless ‘urban planning amnesty' and the lack of a city plan which ignore both the racket of illegal allotment and the unhealthy living conditions in the pueblos jovenes, imposed by the persistent lack of primary and secondary urbanisation works.
Lima is a divided city, a chaotic multi-ethnic megalopolis, among the most dangerous in the world, where it is mainly fear that shapes the urban landscape: a tangible daily reality for everyone, but adopted as a pretext to disseminate fences, barriers, iron bars, barbed wire, cameras and vigilantes everywhere.
Casting our gaze on its disjecta membra questions us about the fates of the last, about the relentless process of urbanisation considered unstoppable on the planet.
The city is no more than the mirror of a society's civil conscience.